chirurgia spalla

Chirurgia della Spalla

Lo Studio De Vita si distingue per l’annosa esperienza e  competenza nel trattamento delle patologie della spalla sia con tecnica artroscopica che tradizionale.

Le patologie maggiormente trattate sono le lesioni alla cuffia dei rotatori, l’instabilità articolare, le artropatie degenerative come artrosi, spalla reumatoide; capsulite adesiva; tendinopatie calcificanti; ecc…

 

L'approccio

L’approccio artroscopico e mini-invasivo negli interventi consente maggior rispetto e risparmio dei tessuti, portando benefici fattivi al paziente che godrà di tempi di recupero più brevi.

Particolare attenzione è rivolta anche agli interventi per le patologie traumatiche, trattate con tecniche di osteosintesi d’avanguardia presso le migliori strutture ospedaliere del territorio nazionale.

spalla indicazioni

Capsulite Adesiva

La capsulite adesiva è una condizione morbosa caratterizzata da dolore e difficoltà a compiere i normali movimenti della spalla ed è conseguente alla retrazione delle capsula glenomerale . Si distinguono due forme:

  • Primitiva: quando la causa non è nota. Questa forma è spesso correlata al diabete, a patologie cardiache o ad altre patologie sistemiche.
  • Secondaria: quando la causa è nota. Queste possono essere postraumatiche o conseguenze di altre patologie (cuffia dei rotatori, CLB, microinstabilità etc…).

Quali sono i sintomi?
La capsulite adesiva vede una prima fase di progressiva retrazione della capsula articolare che si manifesta con una graduale limitazione nei movimenti (soprattutto in flessione ed extrarotazione). In seguito compare il dolore. La seconda fase vede la formazione di molteplici cicatrici. Il tessuto cicatriziale coinvolge tutta l’articolazione provocando blocco articolare e dolore intenso.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi è fatta mediante l’esclusione di altre patologie e con l’utilizzo della RMN. Spesso i pazienti con patologie alla spalla a causa del dolore tendono ad assumere un atteggiamento di difesa dell’arto, bloccando il movimento proprio per non aver dolore. Questo provoca e scatena la retrazione capsulare e quindi determina l’instaurarsi di capsulite adesiva.

Trattamento

Il trattamento è soprattutto riabilitativo. Esercizi di streching e mobilizzazione attiva e passiva sono fondamentali per curare e bloccare l’evolversi della patologia. L’uso di farmaci cortisonici intrarticolari e sottoacromiali ( diverse applicazioni) si è dimostrato spesso complementare alla fisioterapia.

Anche la FKT antalgica sembra avere un ruolo importante per ridurre l’infiammazione e permettere di eseguire una corretta riabilitazione.

Quando il trattamento conservativo fallisce, però diventa necessario un trattamento più duro. Alcuni radiologi hanno proposto lo sblocco mediante artrografia, ma tale pratica non ha evidenze scientifiche di buon livello. Un’altra alternativa, non chirurgica, è lo sblocco in narcosi. Tale trattamento consiste nell’effettuare manovre di sblocco articolare sfruttando l’effetto analgesico e il rilassamento muscolare ottenuto mediante l’anestesia.

Una valida alternativa sembra essere il trattamento artroscopico che consiste nella rimozione chirurgica artroscopica delle cicatrici articolari per determinare lo sblocco dei movimenti. In seguito all’intervento sarà necessario seguire un buon programma di fisioterapia, massimizzando e non riducendo l’efficacia dell’azione chirurgica, in quanto la spalla tenderà a riformare la fibrosi rapidamente.

Quali sono le complicanze?

Le complicanze sono tutte quelle relative all’anestesia, all’uso di farmaci intraoperatori, all’intervento e al paziente se affetto da altre patologie.

Riabilitazione postoperatoria

Come sottolineato, consiste in un programma di streching, mobilizzazione attiva e passiva, terapia fisica antalgica. Tale trattamento deve iniziare subito dopo l’intervento per prevenire il riformarsi delle cicatrici e rendere inefficace l’intervento. Non è possibile programmare il tempo necessario alla guarigione completa perché esso dipende dal paziente, dalla patologia di base, dalla gravità della capsulite prima dell’intervento e dal protocollo di fisioterapia utilizzato.

Lesioni della Cuffia dei rotatori

La cuffia dei rotatori è un insieme di quattro tendini che si inseriscono sulla testa dell’omero formando una struttura simile ad una cuffia sul capo di un nuotatore. I tendini in questione sono quelli del muscolo sovraspinoso, ottospinoso, piccolo rotondo e sottoscapolare.

Qual è la funzione ?
La cuffia ha la funzione di trasmettere all’omero le forze definite dai muscoli che la compongono. Tali forze vanno in diverse direzioni e rendono possibili i movimenti della spalla (adduzione, abduzione, flessione, estensione, intrarotazione, extrarotazione e cirumduzione).
La cuffia lavora insieme al muscolo deltoide, il quale dà potenza ai movimenti, ma senza l’azione dei muscoli della cuffia si crea un’ importante alterazione cinematica tra omero e scapola che esita in svariate condizioni patologiche.

Le lesioni della cuffia dei rotatori sono di diverso tipo ed in relazione alla causa si può incorrere in:

Rottura degenerativa
La lesione degenerativa della cuffia è tipica di un paziente anziano o relativamente anziano che si determina senza subire traumi.
Le cause sono sconosciute, ma le ipotesi ne sono tante ( microtraumi ripetuti relativi al lavoro, invecchiamento vascolare, alterazioni biomeccaniche dell’articolazione che col tempo determinano lesioni etc…)

Rottura traumatica
Può verificarsi nel giovane e nell’anziano che ha già una cuffia degenerata.
La rottura traumatica della cuffia si verifica, spesso, in relazione a traumi che determinano fratture della testa omerale, oppure in relazione a movimenti violenti che causano una lesione da strappo vera e propria del tessuto in questione.

In genere le sedi di lesione tra le lesioni (degenerative o traumatiche) sono diverse, e il tessuto traumatizzato sembra spesso migliore di quello degenerato. Questi aspetti anatomo-patologici sono importanti per il chirurgo ortopedico perché in funzione di essi verrà preferito un trattamento specifico.

Rottura parziale
E’ tipica nel giovane con associati fenomeni di lassità articolare (giocatori di tennis, pallavolo). Si tratta di quelle cuffie non completamente rotte. Nonostante il danno sia piccolo, spesso sono le più dolorose e fastidiose. Spesso si realizzano in pazienti giovani o atleti overhead ( che nel compiere il gesto sportivo usano posizionare l’arto superiore sopra la testa) o in pazienti con microinstabilità articolare (vedi sezion dedicata all’ instabilità). Queste lesioni si verificano a causa di un’ alterata cinematica del cingolo scapolare e spesso possono essere trattate senza intervento chirurgico, ma quando ciò non basta devono essere operate.

INDICAZIONE DEI SINTOMI COMUNI

Quando si rompe la cuffia dei rotatori si ha difficoltà ad eseguire i movimenti della spalla perché manca la forza o perché c’è il dolore che ne impedisce l’esecuzione. La cuffia parzialmente lesionata è molto dolente e spesso fa perdere tutti i movimenti della spalla, perchè si tratta di una situazione molto dolorosa e quindi ne consegue che la persona affetta reagisce non muovendo più la spalla.

La vera causa del dolore alla spalla sembra legata, soprattutto, alla sofferenza di un tendine che passa dentro l’articolazione (tra omero e scapola). Quando la cuffia non funziona bene, l’omero si muove in maniera sproporzionata rispetto alla scapola per cui il CLB viene stirato eccessivamente e si infiamma di continuo.

Come si fa la diagnosi?
La diagnosi dipende dalla visita clinica e dall’utilizzo della Risonanza Magnetica. Chi non può sostenere la risonanza magnetica, può essere sottoposto ad esame ecografico, ammesso che l’ecografista sia un tecnico specializzato nella materia.

Qual è il trattamento?

Non tutte le problematiche sopra esposte necessitano di intervento chirurgico. Non stiamo parlando di una patologia vitale, ma di una affezione che determina una diminuzione della qualità della vita. La scelta del trattamento deve essere fatta in relazione all’obbiettivo che si pone il paziente dopo un approfondito dialogo consulenziale col medico, che indicherà nell’interesse dello stesso la miglior soluzione tra il trattamento non chirurgico e quello chirurgico.
Di norma, non si fa mai un trattamento chirurgico a meno che non ce ne sia la necessità. 

Un soggetto che ha una lesione degenerativa della cuffia soffre per il dolore oltre che per l’impossibilità di compiere la gran parte dei movimenti annessi. Se la lesione si è creata molto tempo prima, la possibilità di ripararla diminuisce, soprattutto nel caso di lesioni massive, presenti da tempo.Nelle lesioni degenerative, soprattutto negli anziani, la possibilità che l’intervento di sutura riesca è più bassa. Le lesioni degenerative vengono operate soprattutto perché determinano una condizione di dolore a causa della sofferenza del Capo Lungo Del Bicipite, ma sempre dopo aver provato un trattamento non chirurgico mediante infiltrazioni, terapie fisiche antalgiche rieducazione motoria e propriocettiva. Spesso il giusto trattamento conservativo è risolutivo senza ricorrere alla chirurgia. Qualora il dolore persiste bisogna tagliare il capo lungo del bicipite mediante intervento chirurgico.

Gli interventi chirurgici sono diversi e possono essere fatti in artroscopia e più raramente per via aperta e principalmente ha la finalità di eliminare il dolore e, ove possibile, recuperare la forza persa.

Riuscita intervento e recidive
Sono descritte le recidive soprattutto nelle lesioni vecchie (inveterate) i cui tessuti sono difficili da trattare.

Gesti chirurgici e tipo di intervento
Diverse sono le opzioni di scelta chirurgica. Esse vengono discusse da prassi durante la visita medica in maniera più che soddisfacente, altrimenti l’intervento non verrà eseguito – Rendere pienamente consapevole il paziente di ciò a cui sta andando incontro, risulta essere fondamentale per la buona pratica medica.

Complicanze possibili:

Retrazione muscolare del capo lungo del bicipite: si verifica poche volte. Ha solo un’impatto estetico ma non di tipo funzionale. L’alternativa a questo rischio, sarebbe ancorare il Capo Lungo del Bicipite all’omero, ma tale gesto chirurgico provoca un maggiore dolore postoperatorio e quindi sarà riservato soprattutto ai giovani ancor più se culturisti e/o alle giovani donne. In genere chi non ha un buon tono muscolare non ha alcun problema a tollerare questa deformità che rende il braccio simile a quello di “Braccio di Ferro”.

Le complicanze che possono verificarsi sono anche la recidiva o il fallimento dell’intervento.
Purtroppo quelle appena elencate non sono complicanze gravi. Quelle più importanti sono le complicanze relative a tutti gli interventi chirurgici e delle quali il paziente deve essere informato, da prassi, prima di intervenire e per le quali è necessaria un firma di consenso informato senza della quale l’intervento non avrà inizio.

Riabilitazione post-intervento?

Il braccio verrà tenuto fermo con un tutore specifico per cuffia, per due settimane. Durante questo periodo si iniziano i primi movimenti e sarà effettivamente possibile solo l’azione del lavarsi. Poi gradualmente e solitamente nel giro di 3 mesi si potrà essere liberi di tutti i movimenti. Il tutore verrà abbandonato dopo un mese. Durante questi mesi sarà necessaria una buona fisioterapia e saranno obbligatori dei controlli periodici per fare il punto della situazione e stabilire il da farsi finché il tendine suturato non guarisca completamente. Lo scopo di tutelare il movimento all’inizio e di renderlo possibile in maniera graduale è quello di evitare che durante il periodo post-operatorio si strappi la sutura chirurgica e l’intervento fallisca.

 

Tendinopatia calcificante

La tendinopatia calcificante è una patologia dei tendini che consiste nella formazione di depositi di materiale calcifico e che si manifesta, nella fase intermedia della malattia, con intenso dolore e difficoltà nei movimenti; patologia maggiormente frequente nelle donne tra i 30 e i 45 anni.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi viene fatta con una semplice Radiografia della spalla. Si tratta di una patologia che nella maggior parte dei casi evolve da sola a guarigione, ma che impiega anche fino ad un anno per completare il suo ciclo, necessitando spesso, a causa della usa forte potenza invalidante, di un trattamento mirato.

Trattamento

Il trattamento può essere non chirurgico o chirurgico. Il primo consiste prevalentemente nell’utilizzo della terapia fisica con onde d’urto, associata o meno ad infiltrazioni locali cortisoniche. Il trattamento chirurgico va scelto quando quello conservativo non ha avuto successo o in quei pazienti che hanno un’importante sintomatologia. Quest’ultimo si effettua in artroscopia, con cui si riesce ad aspirare la calcificazione, grazie a speciali strumenti, e a risolvere la sintomatologia da subito.

Complicanze

Oltre alle complicanze tipiche di un qualsiasi intervento chirurgico, bisogna tener presente della possibilità di ledere la cuffia dei rotatori in quanto le calcificazioni sono inglobate nella cuffia e, soprattutto quando sono grandi, aspirandole, si lascia un buco nella cuffia. Tale lesione può essere più o meno importante. Per i motivi su elencati il trattamento chirurgico artroscopico è riservato solo a pazienti accuratamente selezionati.

Riabilitazione postoperatoria

Sarà necessaria una riabilitazione post operatoria che varia nella durata e nella tipologia a seconda dell’intervento effettuato.

Instabilità di Spalla

Si tratta di una condizione patologica in cui si verifica lo spostamento della testa omerale dalla sua normale sede in corrispondenza della glena – La glena è quasi piatta e la testa omerale è emisferica. Questa conformazione permette all’articolazione di compiere movimenti complessi, ma contemporaneamente è la causa di una maggiore suscettibilità ad essere instabile.

Gli stabilizzatori della spalla sono divisi in statici (ossa e legamenti) e dinamici ( i muscoli) ed in seguito ad un evento traumatico si può verificare una lesione di legamenti, dei muscoli o dell’osso. Questi tipi di lussazione sono definite postraumatiche (TUBS). Nella maggior parte di queste lussazioni si ha lo scivolamento in direzione antero-inferiore della testa rispetto alla glena. Più rare sono le lussazioni posteriori.

Le lussazioni non traumatiche e multidirezionali (AMBRI) sono tipiche del giovane atleta o di chi è costituzionalmente lasso. In questi casi, anche in seguito un lieve trauma si può verificare una lussazione.

Le instabilità possono anche non determinare lussazione o sublussazione e manifestarsi con le conseguenze che esse determinano all’articolazione. Si tratta delle instabilità minori, le quali consistono in movimenti anomali e non fisiologici tra testa e glena senza provocare lussazione. Tali movimenti possono creare danno a cartilagine, cuffia, labbro glenoideo, capo lungo del bicipite, capsula e legamenti. 

Un altro tessuto che può essere lesionato è il labbro glenoideo con o senza coinvolgimento del Capo Lungo del Bicipite (lesioni SLAP). Accanto alle lesioni Slap esistono svariati tipi di lesioni legate alla microinstabilità e dire che esse siano conseguenze della microinstabilità potrebbe essere riduttivo. 

Queste forme minori sono classificate in:

AIOS (Atraumatic Shoulder Istability in Overstressed Shoulder):
• unico trauma
• microtraumi ripetuti


AMSI (Atraumatic Minor Shoulder Instability)
• costituzionale spesso associato ad ipotonotrofia da non uso (spesso variante anatomica del MGHL)

Quali sono i sintomi
L’instabilità si manifesta con episodi ricorrenti di fuoriuscita dell’omero dalla sua sede naturale. I pazienti sanno quale movimento crea la lussazione e lo evitano.

Le instabilità minori: non si manifestano con episodio di lussazione, ma si manifestano con dolore, fastidi, perdita della funzione fino a fenomeni di capsulite secondaria (vedasi capsulite).

Come si effettua la diagnosi?

La dagnosi viene effettuata mediante la visita clinica e lo studio dell’articolazione si effettua con la Rx Tc e RMN. Tali esami sono importanti anche per la pianificazione terapeutica. Le lesioni del labbro , dei legamenti, parziali della cuffia e le SLAP, vanno diagnosticate mediante la RMN con mezzo di contrasto.

Qual’è il trattamento?

Tipo Conservativo
E’ il trattamento che prevede esercizi di tonificazione muscolare, miglioramento della mobilità e della motilità, rieducazione motoria della scapolo-toracica ed esercizi di propriocezione. Molto spesso il trattamento con terapia fisica antalgica favorisce la riduzione dell’infiammazione e permette di eseguire la fisiokinesiterapia nel migliore dei modi. L’esercizio, in molti casi, può essere il trattamento definitivo, ma se il paziente ha elevate richieste funzioni e, dall’anamnesi, riferisce di aver una storia con più di un evento di lussazione/sublussazione, è indicato il trattamento chirurgico.

Tipo Chirurgico

La chirurgia è indicata nelle instabilità ricorrenti in cui la terapia conservativa non è stata efficace e serve per curare l’instabilità, quindi la possibilità che la spalla esca fuori dalla sua normale sede.
Ci sono rischi di mancato funzionamento dell’intervento a seconda della tecnica utilizzata e c’è un possibilità di recidiva diversa. Il trattamento chirurgico meno invasivo risulta essere la tecnica secondo Bankart. Tale tecnica è realizzabile in artroscopia e permette nella maggior parte dei casi di risolvere il problema, ma presenta casi in cui il paziente non gode di alcun beneficio. L’intervento di Bankart è di bassa invasività sia per la tecnica chirurgica usata, sia per l’accesso effettuato (oggi ormai solo artroscopico).

L’altra tipologia di interventi usati per il trattamento dell’instabilità prevede la modifica dell’anatomia ossea dell’articolazione. L’intervento più utilizzato in tale ambito è quello secondo Larjet, il quale prevede il reimpianto di parte del processo coracoideo anteriormente alla glena. Mediante tale modifica dell’anatomia ossea, si cerca di ampliare la cavità glenoidea e di creare un blocco anteriore. La maggiore invasività di questa tecnica è un limite sia per quanto riguarda la possibilità di avere un ulteriore alternativa in caso di fallimento, sia perché una vota cambiata l’anatomia della regione, non è possibile più ripristinarla come prima. Tale intervento è l’unica alternativa per quei pazienti con instabilità glenomerale associata a lesioni ossee importanti che controindicano l’uso della tecnica i Bankart. La tecnica secondo Latarjet deve essere considerata come tecnica alternativa in caso di fallimento della Bankart.
Ad oggi si sta studiando l’uso dell’ artroscopia per l’esecuzione dell’intervento secondo Latarjet, ma non ci sono evidenze scientifiche di buon livello che ne dimostrino la non superiorità o la non inferiorità rispetto all’intervento a cielo aperto. Non ci sono neanche studi nei quali si garantisce lo stesso risultato.

Complicanze

Sono quelle relative all’anestesia e all’uso di farmaci intraoperatori. Inoltre ci sono complicanze legate all’intervento: infezione e cattiva riuscita dell’intervento. Altre complicanze possono essere legate ad eventuali patologie di base del paziente

Riabilitazione post operatoria ?

La riabilitazione prevede un periodo inziale di immobilizzazione con tutore per circa un mese e un periodo di cauta e progressiva rieducazione motoria fino al sesto mese. Solo dopo circa sei mesi sarà possibile una guarigione completa.

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